REVIEW

Mostra “Elogio della Fragilità”
VII edizione della rassegna Fragili Bellezze
Asart, Artisti Scultori Associati, Pietrasanta
Sett/Ott 2019

Marcela Bracalenti, con la sua articolata installazione, costruita con maestria nel serrato contrappunto di materiali eterogenei, ci riconduce al tema dell’accettazione: assurdo tentare la fuga da sé stessi. Se la fragilità è un valore – e, indubbiamente lo è – va vissuta intensamente, va affermata in tutte le sue potenzialità esistenziali. Ce lo dicono le trasparenze materiche, i filamenti di colore lucente, i frammenti di specchi che, nel loro restituire immagini disarticolate, riflettono una realtà complessa ma ricca di opportunità. I segreto sta nel saperla cogliere, quella complessità.

Ilario Luperini in catalogo

“Illuminare le tenebre del cuore degli uomini, tale è il compito dell’artista.” Così scriveva il grande musicista romantico Robert Schumann. Una frase che mi è venuta in mente contemplando le opere di Marcela Bracalenti, in cui tenebre e luce, frattura e armonia, tensione ed equilibrio, caos e bellezza, sono gli attori di un’emozionante messa in scena pittorica. C’è, nel multiforme e abbagliante lavoro dell’artista argentina, una sorta di splendore che sprofonda fin nelle tenebre per farne affiorare il magma opaco e misterioso fino a farlo luccicare di una sublime bellezza.Una pittura “geologica” che reca forse il ricordo della terra natia dell’artista. Una pittura infatti che sembra mettere in atto sismi, lacerazioni, corrugamenti, eruzioni della materia: violente spaccature che lacerano la superficie, subitanee esplosioni o improvvise fuoriuscite di colore e materia, inserzioni di schegge di vetro e di altri materiali conficcati. Come se la superficie pittorica nascondesse un magma incandescente che preme per venir fuori, distruggendone la placida piattezza. La superficie pittorica, in effetti, è una sorta di palcoscenico sul quale agiscono forze oscure, magmi primordiali, tensioni tra tenebre e luce, scontri di forze. Non è una pittura che rappresenta qualcosa, ma che fa “agire” i suoi materiali in vere e proprie azioni drammatiche…… la materia gioca un ruolo determinante nel lavoro di Marcela, che è in primo luogo una grande manipolatrice dei materiali più disparati, una straordinaria sperimentatrice che trova ispirazione anche in oggetti di scarto, rotti e rifiutati, cose di uso quotidiano che butteremmo via. Anche questo è un miracolo: ciò che è umile, e apparentemente banale e inutile nella vita di tutti i giorni, viene inglobato nella forma: tappi di bottiglie, elenchi telefonici, libri, fili di ferro vanno ad alimentare questa bellezza luminosa e terribile ad un tempo. Perché anche nelle cose “basse” può avvenire il miracolo del bello. Un’arte anche fragile, per la fragilità dei materiali usati. La medesima meravigliosa fragilità dell’essere umano, dei suoi sogni e delle sue illusioni. Una pittura dunque dei sogni infranti, che incalzati dalla disillusione e dalle brutture della vita,  fanno brillare ancor più la loro candida bellezza.

Chiara Savettieri, Università di Pisa
Giugno 2016

DIBATTITO SUL CONTEMPORANEO
Doppia personale con Dario Vivaldi, Centro per l’Arte Otello Cirri.

Marcela Bracalenti lavora su un registro assai diverso. Dalle sue opere , specialmente dai vibranti formati verticali, si sprigiona una ricca forza creativa, che fonde l’elaborata varietà delle stesure cromatiche con articolate masse scultoree: l’uso di componenti di evidente consistenza plastica, di elementi oggettuali reali, fa dei lavori di Marcela dei veri e propri bassorilievi dipinti, talora di una levità aerea, altre volte di possente forza aggettante. E’ come se la complessa materia pittorica rispondesse a una latente tensione interiore, a un’intima esigenza di staccarsi dalla base per farsi tridimensionale, ma nello stesso tempo sentisse la necessità di mantenersi attaccata al supporto che la origina; una sorta di metafora del rapporto tra spinta liberatoria e legame con le origini, tra innovazione e tradizione, tra trasgressione e regola. La materia pittorica di Bracalenti è indice di un sottile, complesso, raffinato equilibrio tra fantasia e percezione, realtà e memoria, struttura formale ed evocazione lirica.
Un linguaggio artistico profondo, risolto con maestria e forte carica emozionale grazie alla ricchezza dei riferimenti culturali, alla perizia tecnica e alla indubbia serietà professionale. Le sue opere traggono origine dal fantastico assemblaggio di oggetti della quotidianità, in sintonia con le ricerche artistiche degli ani sessanta e settanta del Novecento. Ma nel suo lavoro subentra una notevole dose di originalità: gli oggetti o i materiali trovati, usati, consulti, gettati via, una volta trasferiti sul supporto pittorico e rielaborati divengono un prolungamento delle proprie passioni, dei propri sensi, entrano a far parte di un racconto, di una vita, di un vissuto. Il répechage di frammenti di realtà, poi elaborati con elevata e raffinata sensibilità plastica e assemblati con stimolanti associazioni mentali ed emotive è teso a dimostrare, tra l’altro, la vitalità, la carica semantica, la quantità di umanità accumulata nello scarto, nel rifiuto, nel residuo della società opulenta. I temi del rapporto tra civiltà diverse, tra modi di vita diversi, si enucleano in particolare con la serie dei “ponti”, opere di piccolo formato di grande intensità espressiva. E inserire nell’opera minimi frammenti di filo di ferro che in breve tempo la ruggine corrode, significa cogliere il trascorrere del tempo, dare valore alla memoria. Ma ciò che meglio caratterizza la nuova produzione di Marcela sono i fantasmagorici, magici copricapo con i loro ricchissimo apparato decorativo, di sapore orientale, costruito anch’esso, con il fantastico comporsi di oggetti presi dalla realtà. Assemblaggio di oggetti che genera altri oggetti il cui valore aggiunto è l’incredibile slancio creativo di cui Marcela è capace. Così come le sue scatole magiche da cui prorompono vitalisticamente elementi naturali,unificati dal colore nero che ne mette ancora maggiormente in evidenza gli elevati valori plastici.

Ilario Luperini
Pontedera, 2014

Marcela non si limita a lavorare i materiali e a farli interagire sul supporto, ma li fa “agire”: il supporto diventa quindi come un teatro nel quale avviene una rappresentazione drammatica. Ma, aristotelicamente, se c’è teatro c’è anche catarsi, perché lo scontro di forze è trasceso da una bellezza superiore e luminosa. È come se Marcela si impegnasse a far sgorgare l’energia e la luce insite nella materia.Chiara Savettieri, presentazione in catalogo della mostra “Dialoghi Materici”, Pietrasanta, 2017Con una ricerca espressiva al tempo stesso raffinata e passionale Marcela Bracalenti compone opere che dialogano con lo spazio e col tempo. Nelle superfici dai colori bruniti, che ricordano quelli della terra, si aprono, come ferite, corrugazioni da cui esplode un magma materico costruito con sapiente “tessitura”di elementi, residui, prevalentemente tratti dalla natura. Spazio nel valore di sedimentazione della materia, tempo nel valore di sedimentazione della memoria, diventano protagonisti di un’ininterrotta energia che nella forma quanto nel contenuto di questa pittoricità tridimenzionale si fa ponte tra concreto e astratto, tra dramma della perdita e rinascita.

Roberta Fiorini
In Artisti Pisani del XXI secolo, Volume I, 2008

In tutta la mia carriera di “testimone” all’Ordine degli Architetti, l’incontro con la pittura di Marcela Bracalenti è uno di quelli di cui sono più orgogliosa, perché casualmente, ma con quelle misteriose assonanze di sentimento, mi e’ capitato di “stanare”, dal suo riguadagnato isolamento domestico, un’affascinante artista/architetto che dalla progettazione alla grande scala di uno studio d’ingegneria è tornata al focolare, ritagliando nel soggiorno il suo spazio di lavoro tra pignatte, pennelli, tele e obblighi di predisporre un pranzo, una cura per la famiglia.
Non che a Marcela Bracalenti manchino i riconoscimenti e le sue personali, è un’artista argentina connaturata nel nostro paese dai tempi dell’Università, con una grande vocazione cosmopolita. Riesce a fermare sulle tele, con emozione, i suoi tanghi con i quali evoca la sua stessa presenza di artista e di donna, e attraverso i quali riesce a stabilire una relazione osmotica tra l’io creativo ed il resto del mondo: il tango diventa il medium privilegiato per attuare uno scambio costante tra interiore ed esteriore, tra fisico e psichico, e mantenere vive le relazioni tra culture, storie e pensieri diversi (America Latina /Europa), potenziando la distanza e l’amore per l’Argentina, ricostruendo la sua identità per mezzo della pittura. L’incontro artistico con Renee Bethencourt, amica di Buenos Aires, testimonia il continuo dialogo e il rapporto di intercambiabilità: porzioni di paesaggi che si traducono in superfici scultoree finalizzate ad un collier o ad una broche pendente, tutto concepito in un rapporto di armonici parametri, in una corale elegia della materia pensata, trasparente, dilatata, ancestrale, spessa, segno, texture, una materia mai idealizzata e purificata.
La pittura di Marcela è una pittura d’oggetto; c’è il momento del pensiero e il momento della materia, articolato in un variato inventario iconologico, dove frammenti dispersi di neglette storie quotidiane ed organiche vengono riscattati e raggruppati su uno spazio che addensa riflessioni, memorie e progetti di un ideale cantiere, dove si realizzano veri e propri progetti formali e sui suoi principi estetici sembra prevalere la geologia, la materia inorganica.
Oltre ai colori ad olio, vengono usati impasti di sabbia o trucioli stesi sul colore di fondo qua e là, oppure su tutta l’estensione del quadro; si lavora sullo strato, si raschia e si rimuove, tracciano graffiti, si modellano sporgenze o incavi ed insieme all’impiego tradizionale del colore, si raggiunge una straordinaria molteplicità di nuove possibilità di espressione pittorica. Forma che comprende spazio, linea, colore e l’approdo ad un linguaggio personale, privato, in cui le più profonde necessità dello spirito e dell’intelletto ricercano il mezzo espressivo più immediato, in materie nuove o nuovamente intese: ferite sulla tela, residui plastici,ecc., carichi di una forza magnetica.
La superficie rugosa dei quadri può dar luogo ad una lettura a voce alta, ad un intreccio di parole che si interseca alle linee orizzontali di partitura dello spazio, suggerendo metafore, l’orizzonte o l’azimut di un paese lontano, ma tutto questo è accessorio di fronte al “contenuto” del quadro: il silenzio ed il contenuto di un quadro non è cosa che si possa filtrare o catturare, c’è il silenzio prima della nascita e quello dopo la morte, c’e’ anche il silenzio del rumore, non c’e’ niente che dica più del silenzio, che unisca spazi con spazi, tempi con tempi, spazio e tempo. Marcela rende con i suoi quadri percepibile, comunicabile, plastico il grande silenzio.
La storia vera non è mai negli episodi palesi quanto nei dati rimasti segreti, ovvero in quella serie di relazioni che collegano un dettaglio all’altro, un particolare all’altro, in modo così stretto fino a diventare da ultimo rete preliminare per la determinazione di un evento come la promozione di questa mostra “Architetti – Uno spazio creativo” che vede tanti e diversi progetti artistici, dove presenziano anche Marcela e Renée, e grazie anche alle coincidenze “astrali” si e’ potuto realizzare con questa mostra una definizione di immagine e comunicazione anche con l’operoso aiuto di Marcela.

Rossana Bernardini
Catalogo “Gli Architetti Pisani e le Arti” – Pisa, Giugno 2006

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